Questo articolo è stato da me scritto per il numero di Ottobre 2000 del mensile Casentino 2000
Chi giunge da Arezzo nel Casentino, una volta superata la strozzatura naturale formata dalle colline del Groppino e del colle di Terrossola, rimane felicemente affascinato dalla vista del colle sul quale si erge la medievale città di Bibbiena. Lasciatosi alle spalle l’abitato del Corsalone, e superato il torrente Vessa a pochi metri dal punto in cui, nei tempi degli avi sorgeva l’antico ed austero ponte di Arcena, oggi ahimè diruto e disperso e sostituito da un funzionale quanto anonimo ponte in muratura ed asfalto, il viaggiatore si trova a costeggiare le poche sparse case che sembrano fungere da preludio alla suddetta cittadina.
Abbiamo Pollino, poi La Nave. Tra queste due località, sulla riva sinistra dell’Arno, un tempo fertile campo di abbondanti messi, traboccante di tutti i migliori frutti che la terra rigogliosa di quei luoghi riusciva ogni anno ad offrire al contadino, qualcuno, non certo la natura ha pensato bene di far sorgere un’utilissimo quanto molesto “centro di raccolta e convivio di fedeli amici dell’uomo”. In parole povere un vero e proprio canile, anche se per la legge un canile è ben altra cosa. Un canile per legge deve necessariamente avere delle strutture adatte a facilitare il soggiorno degli animali ospitati: una infermeria, delle gabbie di adeguata metratura e copertura, spazi per la libertà di correre, locali per la quarantena degli animali malati, assistenza sanitaria 24 ore al giorno e così via.
Il canile in questione, perché di questo si tratta anche se ufficiosamente, si trova nella posizione migliore per poter far arrivare l’abbaiare dei cani al maggior bacino di utenza possibile. E’ stato ubicato infatti con rara maestria e calcolo, a poche decine di metri in linea d’aria dalle abitazioni più vicine, con gioia e tripudio degli abitanti i quali si trovano nella condizione dell’essere ben lungi dal sentirsi soli anche di notte. La struttura ricorda quella di un teatro greco: le voci degli attori (nel nostro caso dei cani) si odono perfettamente da tutti gli spalti del teatro (nel nostro caso si sentono dalla Nave al Piazzale della Resistenza, dalle Monache a Pollino, – che detto per inciso sono anche un notevole “zoccolo rosso” ovvero un notevole serbatoio di voti per la maggioranza comunale di Bibbiena -, giungendo fino alle prime propaggini del Corsalone, il quale, essendo al di fuori del Comune di Bibbiena, potrebbe anche protestare e creare un’incidente diplomatico…).
Nei primi tempi, la gente aveva preso anche con simpatia l’arrivo del primo cane all’interno del depuratore (“pàrini, gli fanno compagnia…”). Anche del secondo. Pure del terzo. A partire dal decimo cominciarono a nascere delle perplessità. C’è stato chi osservava giornalmente come stavano i cani, se la famiglia era cresciuta, se avevano fatto i tetti alle gabbie in legno. Si cominciava a dare ai cani i primi nomiciattoli per poterli distinguere nelle chiacchiere che si facevano tra le comari a veglia: Nuvola (il cane dal pelo bianco), il canelupo Rèsse (toscanizzazione di Rex…), Braccobardo, Gècche, Bobi, Fido che non manca mai, Bòbbe, fino ad arrivare ai più estremi, come Benito (quello dal pelo rasato), Pavarotti (quello con il latrato profondo e cavernoso), GiònOlms (quello perennemente infoiato). Nelle sere invernali si pensava e si discuteva su “come staranno male que’ pòri canini ar freddo…”, “ma come farà quer pòro Gècche che l’è ir più vecchio…” e via discorrendo. Approssimandosi la stagione primaverile, le finestre delle abitazioni hanno cominciato a rimanere aperte per più ore nel corso della giornata. E assieme al venticello gentile della primavera e all’odore dei fiori in boccio (abbiate pietà di me…) ha cominciato a fare capolino all’interno delle abitazioni anche il perpetuo ed incessante latrare, abbaiare, guaire dei cani. Cominciarono a balenare i primi sospetti e ad apparire i primi moti circolari degli apparati genitali (giramenti di palle, N.d.A.). E difatti, con l’arrivo del tempo buono, anche i cani rinvigoriti e ritemprati nello spirito, nel corpo ma ancor di più nell’ugola, dalle prime ore della mattina fino alle ultimissime ore della notte allietano il trascorrere del tempo abbaiando a squarciagola (si dice così o no? Boh…). Si passa dai solitari gorgheggi del Pavarotti fino ai duetti tra Benito e il Bòbbe, per arrivare ad esibizioni corali in notturna che rendono uniche le nottate estive Bibbienesi. La popolazione delle zone di Bibbiena interessate al fenomeno, sarebbe ben felice di ringraziare di persona il signor Non-si-sa-chi (maledetto chi gli còce il pane…) per lo spettacolo unico che viene concesso giornalmente, 24 ore su 24, 365 giorni all’anno (anche perché i cani non riconoscono né le domeniche e nessun’altra festa, civile o religiosa, con buona pace del clero), e magari sarebbe anche felice di poterlo applaudire di persona, magari a mano aperta, sulle guance, con gran rumore di ciccia percossa.
Noi nel nostro piccolo, da spettatori esterni alla vicenda, speriamo che la popolazione Casentinese sappia apprezzare tale iniziativa e che intervenga numerosa ad assistere alle manifestazioni testé descritte. La popolazione delle Monache ha già dato la disponibilità a concedere le proprie finestre agli ospiti (un po’ come a Siena per il palio), e pare che stiano trattando con quelli della Nave e Pollino.
L’unica nota negativa in tutto questo è che in Casentino esisteva già un canile ampio e funzionale (dice che sia in ristrutturazione, e sapendo come vanno certe cose in Italia lo rimarrà per sempre): Si trovava nel mezzo ai boschi tra San Piero in Frassino e San Martino, in una posizione dove però non dava noia a nessuno. Dispiace che gli gnomi del bosco e le fate non possano più danzare dietro alle note dei cori dei nostri amici cani.